Il Fagiolo di Laverino – PRESIDIO SLOW FOOD

Laverino è un piccolo centro di appena cento abitanti sui monti marchigiani al confine con l’Umbria, sul passo del Cornello. Proprio qui, nei terreni fertili lambiti dal fiume Potenza, ha trovato il suo habitat ideale un fagiolo giunto nelle Marche nel XVI secolo al seguito di spagnoli e portoghesi, come tutte le varietà di Phaseolus vulgaris. Il seme è bianco, medio-piccolo, leggermente allungato e la pianta può raggiungere anche i due o tre metri d’altezza. Il sapore delicato e la buccia sottilissima, che consente una rapida cottura,
sono le sue caratteristiche più apprezzate. La sua fama è antica: già all’inizio dell’800, nell’opera “Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia”, parlando dei prodotti delle terre fertili della zona, l’autore afferma: “Essa dà gran copia di fagiuoli superiori nella delicatezza, nel gusto, nella dolcezza e nella facilità di cuocersi, a quelli di tutti i circonvicini paesi”.

Il fagiolo di Laverino si coltiva intorno ai 600 metri di altitudine, in terreni conosciuti come “canapine”, perché un tempo erano dedicati alla coltivazione della canapa. Si tratta di piccoli
appezzamenti intervallati da canaline e perpendicolari al fiume. Si semina a partire dal 18 maggio (festa di San Venanzio) a postarella, mettendo a dimora quattro o cinque semi per buca. La pianta, che è a crescita indeterminata, deve appoggiarsi a un tutore: tradizionalmente si arrampica a una frasca di ornello, un albero simile al frassino. Il fagiolo arriva a piena maturazione a settembre e,dal primo raccolto, si selezionano e mettono da parte i semi per la stagione successiva.

Durante la crescita le uniche operazioni necessarie sono il diserbo, praticato manualmente, e la sarchiatura. Grazie alla qualità dei suoli, non è necessario irrigare. La rotazione solitamente
avviene con le patate e la pratica del sovescio consente di ridurre la presenza di infestanti. Dopo la raccolta, i baccelli asciugano al sole, poi si sgranano e si pongono in ceste di vimini sotto il sole ancora qualche giorno, per completare l’asciugatura.

Nella gastronomia locale, il fagiolo di Laverino è ingrediente di diversi piatti tradizionali. La preparazione che più lo valorizza è certamente all’uccelletto, con aglio, salvia e pepe, ma è molto apprezzata anche la versione in umido con maiale di razza cintata tipica della zona. La produzione di questo legume, nel corso degli, anni ha avuto un percorso irregolare, strettamente legato all’andamento dei dati demografici della zona. Queste terre hanno subito in modo pesante il fenomeno dell’abbandono: un tempo vigne e pascoli ricoprivano i colli, mentre ora domina il bosco.
Il lavoro di ripresa e di valorizzazione di questo legume è iniziato nel 2004: è stato realizzato uno studio sugli aspetti storici e agronomici della varietà ed è stata istituita la festa
del fagiolo di Laverino, che si svolge a inizio novembre. Il sisma del 2016, che ha colpito anche questa zona, causando una battuta d’arresto a tutta l’economia locale, ha rallentato anche la
ripresa della coltivazione del fagiolo.

Il Presidio è nato grazie al lavoro delle condotte Slow Food locali e al contributo del Consorzio del Parmigiano Reggiano, che sostiene diversi progetti di recupero agricolo nelle aree terremotate del Centro Italia. Lo scopo del Presidio è di fornire supporto tecnico ai giovani coltivatori per continuare il lavoro di valorizzazione di questa varietà, per recuperare terreni agricoli abbandonati, ma anche per far conoscere le altre produzioni locali, come i pecorini e i salumi.

Fagiolo di Laverino

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